Catechesi su San Giuseppe nel magistero dei papi

Di Don Modesto Bravaccino

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Il culto a San Giuseppe è sempre esistito nella Chiesa; però in forma solenne e universale è sorto piuttosto tardi. Infatti non se ne trova traccia nei calendari liturgici o nei martirologi prima del IX secolo in Occidente. Se indaghiamo, ad esempio, sulle chiese a lui dedicate, la testimonianza più antica viene da un oratorio a lui dedicato nella cattedrale di Parma (anno 1074). A Bologna nel 1129 gli viene intitolata una chiesa.

La festa del 19 marzo si diffonde verso la fine del 1300, ma diventa precetto per tutta la Chiesa nel 1621 per decisione di Gregorio XV. Infatti, come ci ricorda la breve lettera Apostolica di Pio IX, Inclytum Patriarcham, parlando dei Papi che hanno voluto rendere un culto sempre maggiore a san Giuseppe nella storia della Chiesa, leggiamo quanto segue:

Sisto IV, che desiderò che la festa di San Giuseppe fosse inserita nel Messale Romano e nel breviario; Gregorio XV, che per mezzo di un decreto dell'8 maggio 1621, ordinò che la festa fosse celebrata in tutto il mondo con rito doppio di precetto; Clemente X, che il 6 dicembre 1670, accordò alla festa il rito di doppia di seconda classe; Clemente XI, che con decreto del 4 febbraio 1747, adornò la festa con Messa e ufficio interamente propri; e finalmente Benedetto XIII, che. con un decreto pubblicato il 19 dicembre 1726, ordinò che il nome del santo patriarca fosse aggiunto alle Litanie dei Santi”. Qui ovviamente si parla della Messa secondo il rito tridentino, che noi oggi, secondo le regole del Concilio Vaticano II, non riusciamo pienamente a comprendere.

La festa del Patrocinio di San Giuseppe era già celebrata a Roma dal 1478 e in seguito anche diverse diocesi e ordini religiosi chiesero di poterla celebrare. Con il decreto della Congregazione dei Riti Inclytus Patriarca Joseph Pio IX, il 10 settembre 1847 (l’anno dopo il suo insediamento come pontefice), estese a tutta a chiesa la possibilità di celebrare questa festa. Ma solo l’8 dicembre 1870, con il decreto della Congregazione dei Sacri Riti “Quemadmodum Deus (trad. “Nella stessa maniera di Dio”), proclama San Giuseppe patrono della Chiesa e l’anno successivo, con la lettera apostolica Inclytum Patriarcham (trad. “Illustre Patriarca”), gli riconosce il diritto a un culto superiore a quello di tutti gli altri santi. La scelta di usare un decreto viene dal fatto che nel 1870 ci troviamo all’indomani della breccia di Porta Pia e tutti gli atti pontifici erano sottoposti al controllo del Governo Italiano: infatti, il 20 settembre 1870 Roma fu conquistata dal generale Cadorno e annessa dal Piemonte, determinando così la fine del governo dello Stato Pontificio sulla città. Il Papa fu spinto a questa scelta soprattutto dalle istanze presentate dai vescovi e dai superiori degli ordini religiosi riuniti al Concilio Vaticano I (che fu interrotto dall’occupazione di Roma da parte del Piemonte). Furono infatti 153 vescovi a richiedere che il culto  San Giuseppe occupasse un posto più alto nella liturgia, mentre furono 43 Superiori Generali di ordini religiosi a chiedere che diventasse Patrono della Chiesa universale.

Papa Francesco, che ha iniziato il suo mandato pontificio proprio il 19 marzo 2013 con una bellissima omelia su San Giuseppe, con un decreto della Congregazione del culto divino, datato 1 maggio 2013 (pochi mesi dopo il suo insediamento, nella festa di San Giuseppe lavoratore), ha inserito la menzione di San Giuseppe nella preghiera eucaristica, subito dopo il nome della Vergine Maria.

Il primo papa a dedicare un’enciclica a San Giuseppe fu Leone XIII, la Quamquam pluries (trad. “Quantunque più volte”), nella quale si trova la preghiera “A te, o beato Giuseppe”. L’enciclica reca la data del 15 agosto 1889. Leone XIII fu un papa mariano e Giuseppina al tempo stesso. Già nella prima allocazione al collegio dei Cardinali (28 marzo 1878) poneva il suo Pontificato sotto “La potentissima protezione di San Giuseppe, celeste patrono della Chiesa”. E in molte sue encicliche invoca San Giuseppe subito dopo l’intercessione di Maria. Grazie a lui, nel 1888, viene costruito, nella basilica di San Pietro, il prezioso altare di San Giuseppe, che si trova nella cappella delle Reliquie.

Leggiamo le prime righe di questa breve lettera per comprendere i motivi che hanno spinto papa Leone XIII a chiedere preghiere a San Giuseppe: “Vediamo perire in moltissimi la fede, che è il principio di tutte le virtù cristiane; vediamo raffreddarsi la carità, e la gioventù degradarsi nei costumi e nelle idee; dovunque si osteggia con violenza e con perfidia la Chiesa di Gesù Cristo; si combatte atrocemente il Pontificato; e con tracotanza ogni giorno più sfrontata si tenta di scalzare le stesse fondamenta della religione. Dove si sia precipitati e che cosa ancora si vada agitando negli animi è più noto di quanto sia necessario spiegarlo con le parole. In questa difficile e miserabile situazione, poiché i mali sono più forti dei rimedi umani, non resta che chiedere la guarigione alla potenza divina. Pertanto ritenemmo opportuno spronare la pietà del popolo cristiano perché implori con nuovo fervore e nuova costanza l’aiuto di Dio onnipotente”.

Nel resto della lettera si spiega perché San Giuseppe è degno di devozione e come lui possa, effettivamente, proteggere e custodire la Chiesa, così come aveva già stabilito il suo predecessore, papa Pio IX. Per questo motivo, oltre alla recita quotidiana del santo Rosario nel mese di ottobre, si chiede quanto segue: “decretiamo che in tutto il mese di ottobre si aggiunga nella recita del Rosario, da Noi già prescritto altre volte, l’orazione a San Giuseppe, il cui testo riceverete insieme con quell’Enciclica, e così si faccia ogni anno in perpetuo. A coloro, poi, che devotamente reciteranno la suddetta orazione, concediamo ogni volta l’indulgenza di sette anni e altrettante quarantene. È anche proficuo e sommamente apprezzabile il consacrare, come già avviene in vari luoghi, con giornalieri esercizi di pietà il mese di marzo in onore del Santo Patriarca. Dove poi ciò non si possa fare agevolmente, sarebbe almeno desiderabile che prima della sua festa, nel tempio principale di ciascun luogo, si celebrasse un triduo di preghiere”.

Ma cosa dice papa Leone XIII su San Giuseppe? Citiamo alcuni brani della lettera:

  1. Le ragioni per cui il beato Giuseppe deve essere patrono speciale della Chiesa, e la Chiesa ripromettersi moltissimo dalla tutela e dal patrocinio di lui, nascono principalmente dal fatto che egli fu sposo di Maria e padre putativo di Gesù Cristo. Da qui derivarono tutta la sua grandezza, la grazia, la santità e la gloria.
    1. …poiché tra Giuseppe e la beatissima Vergine esistette un nodo coniugale, non c’è dubbio che a quell’altissima dignità, per cui la Madre di Dio sovrasta di gran lunga tutte le creature, egli si avvicinò quanto nessun altro mai. Infatti il matrimonio costituisce la società, il vincolo superiore ad ogni altro: per sua natura prevede la comunione dei beni dell’uno con l’altro. Pertanto se Dio ha dato alla Vergine in sposo Giuseppe, glielo ha dato pure a compagno della vita, testimone della verginità, tutore dell’onestà, ma anche perché partecipasse, mercé il patto coniugale, all’eccelsa grandezza di lei.
    2. Così pure egli emerge tra tutti in augustissima dignità, perché per divina disposizione fu custode e, nell’opinione degli uomini, padre del Figlio di Dio. Donde consegue che il Verbo di Dio modestamente si assoggettasse a Giuseppe, gli obbedisse e gli prestasse quell’onore e quella riverenza che i figli debbono al padre loro.
  2. Ora la casa divina, che Giuseppe con quasi patria potestà governava, era la culla della nascente Chiesa. La Vergine santissima, in quanto madre di Gesù Cristo, è anche madre di tutti i cristiani, da lei generati, in mezzo alle atrocissime pene del Redentore sul Calvario; così pure Gesù Cristo è come il primogenito dei cristiani, che gli sono fratelli per adozione e redenzione.

Ma chi si può rivolgere a San Giuseppe? Il papa risponde senza alcuna perplessità: “Tutti i cristiani, di qualsivoglia condizione e stato, hanno ben motivo di affidarsi e abbandonarsi all’amorosa tutela di San Giuseppe. In Giuseppe i padri di famiglia hanno il più sublime modello di paterna vigilanza e provvidenza; i coniugi un perfetto esemplare d’amore, di concordia e di fede coniugale; i vergini un esempio e una guida dell’integrità verginale. I nobili, posta dinanzi a sé l’immagine di Giuseppe, imparino a serbare anche nell’avversa fortuna la loro dignità; i ricchi comprendano quali siano i beni che è opportuno desiderare con ardente bramosia e dei quali fare tesoro. I proletari poi, gli operai e quanti sono meno fortunati, debbono, per un titolo o per diritto loro proprio, ricorrere a San Giuseppe, e da lui apprendere ciò che devono imitare. Infatti egli, sebbene di stirpe regia, unito in matrimonio con la più santa ed eccelsa tra le donne, e padre putativo del Figlio di Dio, nondimeno passa la sua vita nel lavoro, e con l’opera e l’arte sua procura il necessario al sostentamento dei suoi”.

Per giustificare perché tutti possano rivolgersi a San Giuseppe, molto bella la riflessione biblica con la quale propone un parallelo tra Giuseppe, figlio del Patriarca Giacobbe, e san Giuseppe, sposo castissimo di Maria: “Queste cose, Venerabili Fratelli, come sapete, trovano riscontro in ciò che pensarono parecchi Padri della Chiesa, d’accordo con la sacra liturgia, e cioè che l’antico Giuseppe, figlio del patriarca Giacobbe, anticipasse la persona e il ministero del nostro, e col suo splendore simboleggiasse la grandezza del futuro custode della divina famiglia. Per la verità, oltre all’avere entrambi lo stesso nome, non privo di significato, corrono tra loro ben altre chiarissime rassomiglianze a voi ben note: prima di tutte quella che l’antico Giuseppe si guadagnò in modo singolare la benevolenza e la grazia del suo signore, e che, avendo da lui avuto il governo della casa, tutte le prosperità e le benedizioni piovevano, per riguardo a Giuseppe, sul suo padrone. Ma v’è di più: egli, per volontà del monarca, governò con poteri sovrani tutto il regno, e nel tempo di pubblica calamità, per mancati raccolti e per la carestia, sovvenne con così stupenda provvidenza agli Egizi e ai popoli confinanti, che il re decretò si chiamasse salvatore del mondo. Così in quell’antico Patriarca è possibile ravvisare la figura del nostro. Come quegli fu benefico e salutare per la casa del suo padrone e poi per tutto il regno, così questi, destinato alla custodia della cristianità, si deve reputare difensore e tutore della Chiesa, la quale è veramente la casa del Signore e il regno di Dio in terra”.

San Pio X, con un decreto della Congregazione dei Sacri Riti, ha approvato le litanie a San Giuseppe il 18 marzo 1909, invitando i fedeli ad onorarlo nel giorno del mercoledì, a lui dedicato.

Nel cinquantesimo di proclamazione di San Giuseppe, patrono della Chiesa universale, papa Benedetto XV ha pubblicato un motu proprio intitolato Bonum sane, datato 25 luglio 1920, nel quale evidenzia lo stato di cambiamento della famiglia e della condizione operaia all’indomani della Prima Guerra Mondiale, chiedendo che i fedeli possano pregare con più fervore San Giuseppe “poiché parecchi sono i modi approvati da questa Sede Apostolica con cui si può venerare il Santo Patriarca, specialmente in tutti i mercoledì dell’anno e nell’intero mese a Lui consacrato, Noi vogliamo che, ad istanza di ciascun Vescovo, tutte queste devozioni, per quanto si può, siano in ogni diocesi praticate”. Ma in modo particolare, il papa chiede che si diffonda la devozione al santo per gli agonizzanti: “Ma in modo particolare, poiché Egli è meritamente ritenuto come il più efficace protettore dei moribondi, essendo spirato con l’assistenza di Gesù e di Maria, sarà cura dei sacri Pastori di inculcare e favorire con tutto il prestigio della loro autorità quei pii sodalizi che sono stati istituiti per supplicare Giuseppe a favore dei moribondi, come quelli « della Buona Morte », del «Transito di San Giuseppe » e « per gli Agonizzanti »”. Fu sempre Benedetto XV ad estendere a tutta la chiesa la festa della Santa Famiglia il 26 ottobre 1921.

Fu papa Pio XII, il 1 maggio del 1955, ad istituire la festa di San Giuseppe artigiano (che si celebrerà ogni 1 maggio), nel decimo anniversario del suo incontro annuale con le ACLI (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani), con un’omelia nella quale il santo Padre invita le Associazioni di lavoratori a far penetrare nella vita lo spirito del Vangelo: “ma è pur certo che nessun lavoratore ne fu mai tanto perfettamente e profondamente penetrato quanto il Padre putativo di Gesù, che visse con Lui nella più stretta intimità e comunanza di famiglia e di lavoro. Così, se voi volete essere vicini a Cristo, Noi anche oggi vi ripetiamo « Ite ad Ioseph »: Andate da Giuseppe! (Gen. 41, 55)”. Il papa si mostra preoccupato perché “da lungo tempo pur troppo il nemico di Cristo semina zizzania nel popolo italiano, senza incontrare sempre e dappertutto una sufficiente resistenza da parte dei cattolici. Specialmente nel ceto dei lavoratori esso ha fatto e fa di tutto per diffondere false idee sull'uomo e il mondo, sulla storia, sulla struttura della società e della economia. Non è raro il caso in cui l'operaio cattolico, per mancanza di una solida formazione religiosa, si trova disarmato, quando gli si propongono simili teorie; non è capace di rispondere, e talvolta persino si lascia contaminare dal veleno dell'errore”. Ecco perché elogia le ACLI per la cura che dedicano alla formazione dei lavoratori e aggiunge: “Questa formazione le Acli debbono dunque sempre più migliorare, persuase come sono che esercitano in tal guisa quell'apostolato del lavoratore fra i lavoratori, che il Nostro Predecessore Pio XI di f. m. auspicava nella sua Enciclica « Quadragesimo anno » (cfr. Acta Ap. Sedis, vol. XXIII pag. 226)”. Di fatto, alle ACLI il papa chiede: “Non vogliate mai dimenticare che la vostra prima cura è di conservare e di accrescere la vita cristiana nel lavoratore. A tal fine non basta che soddisfacciate e esortiate a soddisfare gli obblighi religiosi; occorre anche che approfondiate la vostra conoscenza della dottrina della fede, e che comprendiate sempre meglio ciò che importa l'ordine morale del mondo, stabilito da Dio, insegnato e interpretato dalla Chiesa, in ciò che concerne i diritti e i doveri del lavoratore di oggi”. Per questo motivo istituisce la festa di San Giuseppe artigiano il 1 maggio.

San Giovanni XXIII ha nominato San Giuseppe patrono del concilio Vaticano II con la lettera Apostolica Le Voci del 19 marzo 1961, nella quale riassume tutti gli interventi su San Giuseppe dei suoi predecessori. Qualche anno prima, nel 1958, aveva composto una bella preghiera a San Giuseppe Artigiano, dove con poetiche espressioni, tra le altre cose, chiede: “Accompagnaci nei momenti prosperi, quando tutto c'invita a gustare onestamente i frutti delle nostre fatiche; ma sostienici nelle ore tristi, allorché il cielo sembra chiudersi per noi e perfino gli strumenti del lavoro paiono ribellarsi nelle nostre mani”.

Altri papi hanno ricordato San Giuseppe nelle omelie. Così ha fatto più volte papa Pio XI, che userà parole molto forti per tratteggiare la fisionomia spirituale di San Giuseppe, e così ha fatto papa Paolo VI, soprattutto parlando quest’ultimo della casa di Nazareth come della “scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, cioè la scuola del Vangelo”. Papa Paolo VI, in un discorso che tenne proprio a Nazareth il 5 gennaio 1964 ci presenta la famiglia di Nazareth come il luogo dove “si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato” della manifestazione del Figlio di Dio. Qui impariamo il metodo che ci permetterà di conoscere chi è il Cristo. Qui si impara il silenzio. Qui si impara la lezione del lavoro: “Oh! Dimora di Nazareth, casa del figlio del falegname! Qui soprattutto desideriamo comprendere e celebrare la legge, severa certo ma redentrice della fatica umana; qui nobiliare la dignità del lavoro in modo che sia sentita da tutti; ricordare sotto questo tetto che il lavoro non può essere fine a se stesso, ma che riceve la sua libertà ed eccellenza , non solamente da quello che si chiama valore economico, ma anche da ciò che lo volge al suo nobile fine; qui infine vogliamo salutare gli operai di tutto il mondo e mostrar loro il grande modello, il loro divino fratello, il profeta di tutte le giuste cause che li riguardano, cioè Cristo nostro Signore”.

San Giovanni Paolo Ii ha fatto dono alla Chiesa dell’indimenticabile esortazione Apostolica Redemptoris Custos (trad. Il Custode del Redentore) sulla figura di San Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa, pubblicato il 15 agosto 1989, esattamente cento anni dopo la pubblicazione dell’altra enciclica su San Giuseppe, la Quamquam Pluries di papa Leone XIII, anche se l’occasione che vuole celebrare il papa sono i cento anni della proclamazione di San Giuseppe come patrono della Chiesa. Di questa enciclica, divisa in sei capitoli, parleremo a parte in Un’altra catechesi ad essa dedicata.

Anche papa Benedetto XVI (che a benedetto una statua del santo nei giardini vaticani a protezione di tutto il Vaticano) ha dedicato alcune omelie a San Giuseppe, così come ha fatto papa Francesco, che nell’omelia per l’inizio del suo Pontificato, il 19 Marzo 2013, lo presenta come modello di educatore, che custodisce e accompagna Gesù umilmente nel suo cammino di crescita: “Giuseppe è custode perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge. In lui, cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!”. In questo vediamo un bel programma per il suo pontificato, che con il senno di poi ci sembra stia cercando di rispettare. Tra l’altro, è interessante notare che papà Francesco ha, non a caso, pubblicato l’esortazione apostolica Gaudete et exsultate sulla santità nel mondo contemporaneo nella festa di San Giuseppe il 19 marzo 2018, parlando spesso della santità della porta accanto e delineando, a nostro avviso, un modello di santità che ben si sposa con quello proposto dalla figura di San Giuseppe, uomo di tutti i giorni, artigiano, operaio, padre di famiglia, coniuge, uomo del silenzio, o come lo ha definito una volta papa Benedetto XVI “uomo pratico”.

Ultimamente, in occasione dei 150 anni dalla proclamazione di San Giuseppe come Patrono della Chiesa universale (1870-2020), con la lettera Apostolica Patris Corde (trad. “Con cuore di Padre”) papa Francesco ha indetto un anno speciale dedicato alla devozione a San Giuseppe. Durante questo anno si possono ‘lucrare’ le sante indulgenze per le anime dei vivi e dei defunti. Anche di questa lettera parleremo in una prossima catechesi. Per il momento ricordiamo le parole toccanti con cui papa Francesco descrive San Giuseppe : “Padre amato, padre nella tenerezza, nell’obbedienza e nell’accoglienza; padre dal coraggio creativo, lavoratore, sempre nell’ombra”. In questa lettera il papa ci ha fatto comprendere l’importanza delle persone comuni, quelle che, lontane dalla ribalta, esercitano ogni giorno pazienza e infondono speranza, seminando corresponsabilità. Proprio come San Giuseppe, “l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta”. Eppure, non da meno il suo è “un protagonismo senza pari nella storia della salvezza”, per questo dobbiamo pregarlo incessantemente.

Concludiamo con una preghiera che papa Francesco ci suggerisce di recitare nei momenti di difficoltà: “Glorioso Patriarca San Giuseppe, il cui potere sa rendere possibili le cose impossibili, vieni in mio aiuto in questi momenti di angoscia e difficoltà. Prendi sotto la tua protezione le situazioni tanto gravi e difficili che ti affido, affinché abbiano una felice soluzione. Mio amato Padre, tutta la mia fiducia è riposta in te. Che non si dica che ti abbia invocato invano, e poiché tu puoi tutto presso Gesù e Maria, mostrami che la tua bontà è grande quanto il tuo potere. Amen»”.

(Cf. Giancarlo Paris, Pregare San Giuseppe. Il grande silenzioso, Edizioni Messaggero Padova.

 

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Si suggerisce la lettura anche delle seguenti pubblicazioni:

  • P. Gennaro Citera - P. Tarcisio Stramare (curr.), Giuseppe negli insegnamenti di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, ed. Shalom
  • Marcello Stanzione (cur.) La devozione a San Giuseppe dormiente. Il culto cattolico al santo patriarca, Edizioni Segno.

 

 

 

 

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La chiesa si trova nella periferia orientale di Napoli, nel quartiere denominato San Giovanni a Teduccio; una zona di Napoli che, pur non essendo molto vasta (2.35 km²), sino al 1926 era comune autonomo, sorto sulla antica Via delle Calabrie.