LETTERA APOSTOLICA PATRIS CORDE DI PAPA FRANCESCO

Quarta catechesi ciclo biblico-magisteriale su san Giuseppe

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In circostanze difficili l’8 dicembre 1870 papa Pio IX affidò la Chiesa alla speciale protezione di San Giuseppe, dichiarandolo Patrono della Chiesa Universale. Dopo 150 anni,l’8 dicembre 2020, papa Francesco ha aperto l’Anno di San Giuseppe che durerà fino all’8 dicembre 2021.

Per l'occasione il papa ha pubblicato la lettera apostolica Patris corde, nella quale mette in risalto le diverse dimensioni della paternità di Giuseppe: Padre amato, Padre nella tenerezza, Padre nell’obbedienza, Padre nell’accoglienza, Padre dal coraggio creativo, Padre lavoratore, Padre nell’ombra.

Ma perché questo documento si intitola “Patris corde?”. Perché si concentra su una specifica qualità di San Giuseppe: la sua paternità.

 

Che cos’è il patrocinio?

Abbiamo detto che il documento viene pubblicato in occasione del 150 anniversario della dichiarazione di San Giuseppe come “patrono” della Chiesa universale. Sicuramente papa Francesco si è posto una domanda: come posso spiegare il patrocinio di San Giuseppe agli uomini e alle donne di questo secolo?

La parola “patrocinio”oggi è poco compresa in ambito religioso. Infatti, se andiamo al dizionario troviamo le seguenti definizioni: “Patrocinio = Protezione accordata o goduta nell'ambito dei rapporti fra i diversi gradi di una gerarchia sociale; patronato. Nel linguaggio giuridico, il compito di difesa, di assistenza e rappresentanza in giudizio”. Quindi, se estrapoliamo le caratteristiche tipiche di un patronato ci troviamo di fronte ad una persona, il patrono, che assicura “protezione, difesa, assistenza, e in qualche modo anche rappresentanza”.

 

La domanda, a questo punto, diventa un’altra: in che modo San Giuseppe assicura alla Chiesa e a tutti i fedeli il suo patrocinio? Cioè, in che modo ci protegge, ci difende, ci assiste e ci rappresenta? Ed è qui che arriva la risposta di papa Francesco, proprio nell’incipit della sua lettera, quando scrive: “con cuore di Padre”.

 

Ma perché è richiesto a San Giuseppe il Patrocinio?

La festa del “patrocinio” di San Giuseppe è stata per secoli celebrata nella chiesa come una festa di minore importanza: oggi diremmo che era una “memoria facoltativa”. Di che si trattava? Semplicemente, alcuni ordini religiosi o diocesi si affidavano al patrocinio di San Giuseppe e la chiesa riconosceva loro un giorno particolare in cui celebrare questa memoria. Tutto è cambiato con il Concilio Vaticano I, quando alcuni vescovi hanno chiesto che il culto a San Giuseppe fosse riconosciuto come culto superiore rispetto a quello degli altri santi e soprattutto quando alcuni superiori di ordini religiosi chiesero che il patrocinio di San Giuseppe fosse esteso a tutta la Chiesa Universale. Finalmente, dopo la cosiddetta breccia di porta Pia, riconoscendo il grande pericolo in cui era caduta la Chiesa, per la grande sofferenza vissuta, Pio IX dichiarò San Giuseppe Patrono della Chiesa Universale e gli riconobbe la giusta dignità nel culto pubblico.

Alla base di tutta la riflessione precedente dei Pontefici (che abbiamo già presentato in un’altra occasione), si giustifica il patrocinio di San Giuseppe sulla Chiesa per il semplice fatto che la vocazione di Giuseppe, quella a cui Dio stesso lo ha chiamato dal primo momento, è sostanzialmente il prendersi cura della sacra Famiglia, cioè di Gesù e di Maria: proteggerli, difenderli, assisterli e rappresentarli in tutte le sedi come Pater Familias.

Leggiamo quanto scrive Leone XIII nella lettera enciclica Quamquam Pluries nella quale parla della devozione a San Giuseppe: “Le ragioni per cui il beato Giuseppe deve essere patrono speciale della Chiesa, e la Chiesa ripromettersi moltissimo dalla tutela e dal patrocinio di lui, nascono principalmente dal fatto che egli fu sposo di Maria e padre putativo di Gesù Cristo. Da qui derivarono tutta la sua grandezza, la grazia, la santità e la gloria. Certamente la dignità di Madre di Dio è tanto in alto che nulla vi può essere di più sublime. Ma poiché tra Giuseppe e la beatissima Vergine esistette un nodo coniugale, non c’è dubbio che a quell’altissima dignità, per cui la Madre di Dio sovrasta di gran lunga tutte le creature, egli si avvicinò quanto nessun altro mai. (…) Così pure egli emerge tra tutti in augustissima dignità, perché per divina disposizione fu custode e, nell’opinione degli uomini, padre del Figlio di Dio. Donde consegue che il Verbo di Dio modestamente si assoggettasse a Giuseppe, gli obbedisse e gli prestasse quell’onore e quella riverenza che i figli debbono al padre loro. Ora, da questa doppia dignità scaturivano naturalmente quei doveri che la natura prescrive ai padri di famiglia; per cui Giuseppe fu ad un tempo legittimo e naturale custode, capo e difensore della divina famiglia. E questi compiti e uffici egli infatti esercitò finché ebbe vita. S’impegnò a tutelare con sommo amore e quotidiana vigilanza la sua consorte e la divina prole; procacciò loro di continuo con le sue fatiche il necessario alla vita; allontanò da loro i pericoli minacciati dall’odio di un re, portandoli al sicuro altrove; nei disagi dei viaggi e nelle difficoltà dell’esilio fu compagno inseparabile, aiuto e conforto alla Vergine e a Gesù.Ora la casa divina, che Giuseppe con quasi patria potestà governava, era la culla della nascente Chiesa. La Vergine santissima, in quanto madre di Gesù Cristo, è anche madre di tutti i cristiani, da lei generati, in mezzo alle atrocissime pene del Redentore sul Calvario; così pure Gesù Cristo è come il primogenito dei cristiani, che gli sono fratelli per adozione e redenzione. Ne consegue che il beatissimo Patriarca si consideri protettore, in modo speciale, della moltitudine dei cristiani di cui è formata la Chiesa, cioè di questa innumerevole famiglia sparsa in tutto il mondo sulla quale egli, come sposo di Maria e padre di Gesù Cristo, ha un’autorità pressoché paterna. È dunque cosa giusta e sommamente degna del beato Giuseppe che, come egli un tempo soleva tutelare santamente in ogni evento la famiglia di Nazaret, così ora col suo celeste patrocinio protegga e difenda la Chiesa di Cristo”.

 

Vicinanza alla condizione umana

Nelle prime pagine del documento Patris Corde, dopo aver presentato, brevemente, i testi biblici del Nuovo Testamento dove si parla di San Giuseppe e aver fatto qualche accenno al magistero pontificio su san Giuseppe, papa Francesco dichiara il suo intento: “condividere alcune riflessioni personali su questa straordinaria figura, tanto vicina alla condizione umana di ciascuno di noi”.

Ed è proprio su questa “vicinanza alla condizione umana” che il papa insiste. Infatti, subito parla della situazione pandemica, durante la quale “persone comuni – solitamente dimenticate –(..) stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo (…) quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti… Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà. San Giuseppe ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in ‘seconda linea’ hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza”.Quindi, da queste prime righe della lettera del papa, si comprende quale sia il suo intento e come interpreta il patrocinio di San Giuseppe, definito “intercessore, sostegno e guida”.

 

L’esortazione apostolica “Gaudete et exsultate” di papa Francesco

Qui ci sembra di ritrovare quanto già scritto dal papa nella esortazione Apostolica Gaudete et exsultate sulla chiamata alla santità vissuta nel quotidiano, esortazione che, lo ricordiamo, fu emanata proprio il 19 marzo 2018 e quindi messa sotto il patrocinio di San Giuseppe. All’inizio di questa esortazione papa Francesco parla chiaramente della santità della porta accanto: “Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità” (GE, 7). E san Giuseppe sembra proprio incarnare a pieno tutti i tratti di santità descritti dal papa nella suddetta esortazione apostolica.

Rileggendo, infatti, la Patris corde a partire dalla Gaudete et exsultate si scopre che tutto comincia dal cuore, sede delle scelte e delle decisioni, ma anche e soprattutto luogo in cui prende forma ciò che ci orienta, luogo delle motivazioni che ci spingono e della percezione di ciò che vale per noi. E nel cuore, nella profondità del nostro essere che è custodito il nostro tesoro, ciò che vale e che dà consistenza alla nostra vita quel che per noi conta veramente: «Il vangelo ci invita a riconoscere la verità del nostro cuore, per vedere dove riponiamo la sicurezza della nostra vita. Normalmente il ricco si sente sicuro con le sue ricchezze, e pensa che quando esse sono in pericolo, tutto il senso della sua vita sulla terra si sgretola» (GE 67). Che cosa per noi è veramente importante? Cosa tiene insieme la nostra vita? Qual è il bene più grande per noi, il bene senza di cui ci sentiamo persi e da cui ogni altro bene trae valore? È una domanda che non siamo abituati a farci, ma davanti alla quale ci pone l'invito del vangelo alla beatitudine. Dove è il tuo tesoro? Non è beato chi è privo di tutto, ma chi ha in Dio, nel suo amore, nella sua presenza il bene più grande. «Gesù chiama beati i poveri in spirito, che hanno il cuore povero, in cui può entrare il Signore con la sua costante novità» (GE 68).

Il cuore povero è un cuore leggero, un cuore libero che non si lascia stritolare dagli affanni della vita o sedurre dalla tentazione di stringere tra le mani ciò che avvertiamo come un bene. Si tratta di «non desiderare da parte nostra più la salute che la malattia, più la ricchezza che la povertà, più l'onore che il disonore, più la vita lunga piuttosto che quella breve, e così in tutto il resto» (Ignazio di Loyola) e di adottare lo stile della sobrietà nella ricerca dell'essenziale. «Essere poveri nel cuore, questo è santità» (GE 70).

Forse anche per questo il papa inizia la sua lettera su san Giuseppe proprio con le belle parole: “con cuore di Padre”. Il centro del cuore di Giuseppe è indubbiamente occupato dalla cura che vuole rivolgere a suo figlio, il suo unico figlio, il figlio di Dio, Gesù Cristo.

Sempre citando la Gaudete et exsultate, facciamo un elenco veloce di quello che il papa ritiene essere la santità e vi ritroveremo molti tratti caratteristici della santità di san Giuseppe:

  • La santità, in fondo, è il frutto dello Spirito Santo nella tua vita (n.15).
  • Non avere paura della santità. Non ti toglierà forze, vita e gioia (n.32)
  • La santità non ti rende meno umano, perché è l’incontro della tua debolezza con la forza della grazia (n.34)
  • Essere poveri nel cuore, questo è santità (n.70)
  • Reagire con umile mitezza, questo è santità (n.74)
  • Saper piangere con gli altri, questo è santità (n.76)
  • Cercare la giustizia con fame e sete, questo è santità (n.79)
  • Guardare e agire con misericordia, questo è santità (n.82)
  • Mantenere il cuore pulito da tutto ciò che sporca l’amore, questo è santità (n.86)
  • Seminare pace intorno a noi, questo è santità (n.89)
  • Accettare ogni giorno la via del Vangelo nonostante ci procuri problemi, questo è santità (n.94)

Quindi, sempre nell’esortazione apostolica, vengono presentate alcune caratteristiche della santità nel mondo attuale: la sopportazione, la pazienza, la mitezza, la gioia, il senso dell’umorismo, l’audacia, il fervore, la capacità di vivere in una comunità. E infine, per rimanere centrati su se stessi e su Dio, si richiama alla necessità del combattimento permanente, alla vigilanza e al discernimento.

Tutte le caratteristiche sopra esposte ci rimandano un’idea di santità che non è eroica, ma quasi ordinaria. Infatti, il papa inizia l’esortazione scrivendo: “siamo invitati a riconoscere che siamo circondati da una moltitudine di testimoni che ci spronano a non fermarci lungo la strada, ci stimolano a continuare a camminare verso la meta. E tra di loro può esserci la nostra stessa madre, una nonna o altre persone vicine. Forse la loro vita non è stata sempre perfetta, però, anche in mezzo a imperfezioni e cadute, hanno continuato ad andare avanti e sono piaciute al Signore” (n.3).

Un bel testo che troviamo in questa esortazione apostolica, e che ci fa pensare alla spiritualità di san Giuseppe, è quello che recita: “Per essere santi non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose o religiosi. Molte volte abbiamo la tentazione di pensare che la santità sia riservata a coloro che hanno la possibilità di mantenere le distanze dalle occupazioni ordinarie, per dedicare molto tempo alla preghiera. Non è così. Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova. Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli. Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali” (n.14). Poi continua invitando a lasciare che la grazia del battesimo fruttifichi in cammini di santità e definendo la santità come “il frutto dello Spirito Santo nella tua vita” (n.15).

 

La lettera apostolica “Patris corde” di papa Francesco

Tutto quanto sopra citato dell’esortazione apostolica Gaudete et exsultate ci sembra molto attinente alla spiritualità giuseppina, che è ben descritta nella lettera apostolica Patris corde. Qui san Giuseppe viene sostanzialmente presentato come un “padre” nelle sue qualità migliori: amato, tenero, obbediente, accogliente, dal coraggio creativo, lavoratore, nell’ombra. Chi non vorrebbe un padre così.

  1. Anzitutto, un padre “amato”. Ogni padre vorrebbe essere amato dai suoi figli. E cosa fece san Giuseppe per meritare una così grande devozione da parte del popolo cristiano? “Si pose al servizio dell’intero disegno salvifico”: la sua paternità “si è espressa concretamente nell’aver fatto della sua vita un servizio, un sacrificio, al mistero dell’incarnazione e alla missione redentrice che vi è congiunta; nell’aver usato dell’autorità legale, che a lui spettava sulla sacra Famiglia, per farle totale dono di sé, della sua vita, del suo lavoro”. Sembra un bel programma di vita per ogni padre di famiglia: imparare a donare tutto di sé, il proprio cuore e ogni capacità, per porsi con amore al servizio del Messia nella propria casa. Per questo suo ruolo nella storia della salvezza, san Giuseppe è un padre che è sempre stato amato dal popolo cristiano, tanto che a lui si rivolge l’espressione “Ite ad Ioseph”(cf. Gen 41,55), “Andate a Giuseppe”, che usava dire il faraone a chi chiedeva pane al tempo della carestia in Egitto (cf. Gen 41,41-44). Una domanda per i nostri padri: che posto ha Gesù nella nostra casa? Facciamo dono totale di noi stessi, della nostra vita e del nostro lavoro per la missione che Dio ci ha affidati al servizio della nostra famiglia?
  2. Padre nella tenerezza”. Giuseppe si è preso cura del bambino Gesù insegnandogli a camminare, tenendolo per mano. Gesù ha visto la tenerezza di Dio in Giuseppe. E la tenerezza di Dio si manifesta soprattutto quando noi ci sentiamo deboli: se questo è vero, significa che anche noi dobbiamo imparare ad accogliere la nostra debolezza con profonda tenerezza. Il Maligno ci fa guardare con giudizio negativo la nostra fragilità, a differenza di ciò che fa lo Spirito di Dio: è la tenerezza la maniera migliore per toccare ciò che è fragile in noi. Anche san Giuseppe ha vissuto l’angustia e ci insegna che avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza. Una domanda per i nostri padri: In mezzo alle tempeste della vita, ci fidiamo di Dio, gli lasciamo il timone della nostra barca? O vogliamo sempre controllare tutto?
  3. Padre nell’obbedienza”. Giuseppe è fortemente angustiato davanti all’incomprensibile gravidanza di Maria: lo dimostra il racconto dei quattro sogni che fece san Giuseppe, nei quali Giuseppe fu guidato dall’angelo del Signore e si affidò a Dio nelle sue scelte. San Luca si preoccupa di sottolineare come i genitori di Gesù fossero fedeli osservati di tutte le prescrizioni della Legge. E questo ci fa comprendere come in ogni circostanza della vita Giuseppe seppe pronunciare il suo “fiat” alla volontà di Dio, così come fece anche Maria nell’annunciazione e Gesù nel Getsemani. Forse anche per questo Giuseppe seppe insegnare a Gesù l’obbedienza, la sottomissione ai genitori: fu nel nascondimento di Nazareth, alla scuola di Giuseppe e Maria, che Gesù imparò a fare la volontà del Padre. Una domanda per i papà: quale esempio di fedeltà a Dio e di obbedienza alle leggi diamo ai nostri figli?
  4. Padre nell’accoglienza”. Di fronte a Giuseppe che accoglie Maria senza condizioni, il papa riflette sull’esempio della sua ‘nobiltà di cuore’ in un mondo nel quale la violenza psicologica, verbale e fisica sulla donna è ormai una piaga. Giuseppe si presenta come figura di uomo rispettoso, delicato che, pur non possedendo tutte le informazioni, si decide per la reputazione, la dignità e la vita di Maria. E nel suo dubbio su come agire nel modo migliore, Dio lo ha aiutato a scegliere illuminando il suo giudizio”. Tante volte nella nostra vita accadono avvenimenti di cui non comprendiamo il significato. La nostra prima reazione è spesso di delusione e ribellione. Giuseppe sa accogliere ciò che accade senza pregiudizio, senza rimanere in ostaggio delle aspettative e delle conseguenti delusioni. Giuseppe non è un uomo rassegnato e passivo, ma il suo è un coraggioso e forte protagonismo: solo il Signore, però, può darci la forza di accogliere la vita così com’è, di fare spazio anche a quella parte contraddittoria, inaspettata, deludente dell’esistenza. Una domanda ai papà: Sappiamo accogliere nella vita ciò che non abbiamo scelto, eppure esiste, deponendo rabbia e delusione? Affrontare la vita ad occhi aperti, senza cercare scorciatoie e assumendo in prima persona la responsabilità di ciò che sta capitando? Sappiamo accogliere gli altri senza escludere nessuno, riservando però una predilezione ai deboli? Immaginiamo che proprio da questo tratto umano di Giuseppe, Gesù abbia preso spunto per la parabola del figlio prodigo e del padre misericordioso.
  5. Padre dal coraggio creativo”. La prima tappa per ogni vera guarigione interiore è accogliere la propria storia. Un’altra caratteristica importante è il coraggio creativo: Giuseppe è il vero “miracolo” con cui Dio salva il Bambino Gesù e sua madre dalla strage degli innocenti; il Cielo interviene nella storia della salvezza fidandosi del coraggio creativo di un uomo che, giungendo a Betlemme e non trovando un alloggio per Maria, sistema una stalla dove lei possa partorire. La buona notizia del Vangelo sta nel far vedere come, nonostante la prepotenza e la violenza dei dominatori terreni, Dio trovi sempre il modo per realizzare il suo piano di salvezza. Una domanda per i papà: nonostante nella vita a volte ci sembra di essere in balia di poteri forti, usiamo lo stesso coraggio creativo del carpentiere di Nazareth, il quale sa trasformare un problema in un’opportunità anteponendo sempre la fiducia nella Provvidenza? Se certe volte sembra che Dio ci abbia abbandonati, sentiamo che in realtà si fida di noi e, per realizzare il suo disegno di amore sulle nostre famiglie, si affida alla nostra creatività, a quello che possiamo progettare, inventare, trovare? Ricordiamo gli amici del paralitico che, pur di presentarlo a Gesù, lo calarono giù dal tetto. Ricordiamo tutti i nostri fratelli migranti che, come la sacra Famiglia in Egitto, devono affrontare problemi concreti per adattarsi in una nuova terra dopo aver lasciato la propria casa a causa di guerre, dell’odio, della persecuzione e della miseria. Alla fine dovremmo chiederci se stiamo proteggendo con tutte le nostre forze Gesù e Maria, il tesoro più prezioso della nostra fede, che misteriosamente sono affidati alla nostra responsabilità, alla nostra cura, alla nostra custodia. Giuseppe, come patrono, continua a proteggere la Chiesa, continua a proteggere il bambino e sua madre: anche noi amiamo la Chiesa e continuiamo a proteggerla da chi invece la odia e vuole distruggerla? 
  6. Padre lavoratore”. San Giuseppe era un carpentiere che ha lavorato onestamente per garantire il sostentamento della sua famiglia. Da lui Gesù imparò il valore, la dignità e la gioia di ciò che significa mangiare il pane frutto del proprio lavoro. La persona che lavora collabora con Dio stesso, diventa un po’ creatore del mondo che ci circonda. Ma oggi comprendiamo che una famiglia dove mancasse il lavoro è maggiormente esposta a difficoltà, tensioni, fratture e perfino alla tentazione del dissolvimento. Allora, come papà, chiediamoci: come possiamo impegnarci perché tutti e ciascuno abbiano la possibilità di un degno sostentamento?
  7. Padre nell’ombra”. Padri non si nasce, lo si diventa. E non lo si diventa solo perché si mette al mondo un figlio, ma perché ci si prende responsabilmente cure di lui. Tutte le volte che qualcuno si assume la responsabilità della vita di un altro, in un certo senso esercita la paternità nei suoi confronti. Nella società del nostro tempo, spesso i figli sembrano essere orfani di padre. Anche la Chiesa di oggi ha bisogno di padri. Essere padri significa introdurre il figlio all’esperienza della vita, della realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze. Forse per questo san Giuseppe è definito spesso padre “castissimo”: esso esprime un atteggiamento che è contrario al possesso: la castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. Solo quando un amore è casto, è veramente amore. L’amore che vuole possedere alla fine diventa sempre pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelici. Dio stesso ha amato l’uomo con amore casto, lasciandolo libero anche di sbagliare e di mettersi contro di lui. Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera, perché ha saputo decentrarsi, mettendo al centro della propria vita Maria e Gesù, e non se stesso. Ai papà chiediamo: nella dimensione affettiva, sappiamo amare restando nell’ombra, sullo sfondo? O abbiamo sempre bisogno di emergere, di essere al centro delle attenzioni di qualcun altro per riempire il nostro vuoto? Sappiamo custodire e educare senza possedere? sappiamo essere padri e non padroni? Esercitare l’autorità senza autoritarismo? La carità senza assistenzialismo? Essere forti senza distruggere? Giuseppe ci insegna che ogni paternità è solo un “segno” che rinvia a una paternità più alta. Giuseppe, quindi, è ombra dell’unico Padre celeste; ombra che segue il Figlio.

A questo punto qualcuno potrebbe chiedersi se Giuseppe sia stato veramente felice. E il papa scrive parole mirabili: “la felicità di Giuseppe non è nella logica del sacrificio di sé, ma del dono di sé. Non si percepisce mai in quest’uomo frustrazione, ma solo fiducia. Il suo persistente silenzio non contempla lamentele, ma sempre gesti concreti di fiducia; e questo perché ogni vera vocazione nasce dal dono di sé, che è la maturazione del semplice sacrificio. Quindi, lì dove una vocazione, matrimoniale, celibataria o verginale, non giunge alla maturazione del dono di sé fermandosi solo alla logica del sacrificio, allora invece di farsi segno della bellezza e della gioia dell’amore rischia di esprimere infelicità, tristezza e frustrazione.

 

ANNO DELLA FAMIGLIA

Il 19 marzo 2021 la Chiesa celebra 5 anni dalla pubblicazione dell’esortazione apostolica “Amoris laetitia” sulla bellezza e la gioia dell’amore familiare. In questo stesso giorno papa Francesco inaugurerà l’Anno “Famiglia Amoris Laetitia” che si concluderà il 26 giugno 2022 in occasione del X incontro mondiale delle famiglie a Roma con il Santo Padre. L’annuncio è stato dato durante l’angelus dal Pontefice domenica 27 dicembre 2020, festa della Sacra Famiglia. Esiste anche un sito dedicato a questa iniziativa e curato dal dicastero preposto della Curia romana: www.amorislaetitia.va

 

DECRETO DELLA PENITENZIERIA APOSTOLICA

Nel decreto emanato dalla Penitenzieria Apostolica il giorno 8 dicembre 2020, in occasione dell’Anno di San Giuseppe indetto da Papa Francesco per celebrare il 150° anniversario della proclamazione di San Giuseppe a Patrono della Chiesa universale, si danno le seguenti indicazioni:

  • Dal giorno 8 dicembre 2020 al giorno 8 dicembre 2021: viene indetto uno speciale Anno di San Giuseppe, nel quale ogni fedele sul suo esempio possa rafforzare quotidianamente la propria vita di fede.
  • Si concede l’INDULGENZA PLENARIA alle consuete condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica, preghiera secondo le intenzioni del santo Padre) a coloro che:
    • meditano almeno 30 minuti sul Padre Nostro oppure prenderanno parte ad un ritiro spirituale di almeno una giornata che preveda una meditazione su San Giuseppe (San Giuseppe, UOMO DI FEDE);
    • compiono un’opera di misericordia corporale o spirituale (San Giuseppe, UOMO GIUSTO);
    • recitano il Santo Rosario in famiglia o tra fidanzati (San Giuseppe, CUSTODE DELLA SANTA FAMIGLIA);
    • affidano quotidianamente la propria attività (lavorativa) alla protezione di san Giuseppe e per tutti i fedeli che invocheranno, con preghiere, l’intercessione dell’Artigiano di Nazareth per chi cerca lavoro e perché il lavoro di tutti sia più dignitoso (San Giuseppe ARTIGIANO);
    • recitano le Litanie a San Giuseppe (tradizione latina) oppure l’Akathistos a san Giuseppe (tradizione bizantina) oppure qualche altra preghiera a san Giuseppe a favore della Chiesa perseguitata ad intra e ad extra (Fuga della Santa Famiglia in Egitto);
    • recitano qualsivoglia orazione legittimamente approvata o atto di pietà (per es. “A te,o Beato Giuseppe”), specialmente il 19 marzo, il 1° maggio, nella festa della Santa Famiglia, il 19 di ogni mese, ogni mercoledì (San Giuseppe PATRONO DELLA CHIESA UNIVERSALE).
    • A tutti gli anziani, malati, agonizzanti, coloro che in questo periodo di pandemia non possono uscire di casa e che, con animo distaccato da qualsiasi peccato e con l’intenzione di adempiere, non appena possibile, le tre solite condizioni, reciteranno un atto di pietà in onore di san Giuseppe, conforto dei malati e patrono della buona morte, offrendo con fiducia a Dio i dolori e i disagi della propria vita.

 

ALCUNE DEVOZIONI A SAN GIUSEPPE TRA LE PIÙ DIFFUSE OGGI

  • DOLORI E GIOIE IN ONORE DI SAN GIUSEPPE
  • SACRO MANTO IN ONORE DI SAN GIUSEPPE
  • I MERCOLEDÌ DI SAN GIUSEPPE
  • IL MESE DI MARZO O MESE DI SAN GIUSEPPE
  • LA PREGHIERA DI LEONE XIII: “A TE, O BEATO GIUSEPPE”
  • LA NOVENA

 

ALTRE INDICAZIONI UTILI

Dal libro P. Tarcisio Stramare osj, San Giuseppe. Il Santo più vicino a Gesù, Ed. Velar, 2008:

  • Feste liturgiche:
    • 19 marzo: San Giuseppe, sposo della Beata Vergine Maria e Patrono della Chiesa Universale (solennità)
    • 1° maggio: San Giuseppe Artigiano (memoria)
    • 26 dicembre 2021: Santa Famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria
  • Pie Pratiche:
    • Sette gioie e allegrezze di san Giuseppe: risale al 1536 e ricorda sette episodi della vita di san Giuseppe che hanno costituito per lui momenti di dolore e al tempo stesso di gioia.
    • Litanie di san Giuseppe: pubblicate per la prima volta nel 1597, approvate per uso pubblico nel 1909 da papa Pio X.
    • La coroncina o Rosario di San Giuseppe: risale al 1850.
    • Il Cingolo o cordone di san Giuseppe: di origine belga (1659), si diffonde a Verona nel 1842.
    • Lo Scapolare di San Giuseppe:approvato dalla Santa Sede nel 1893.
    • Il Mese di marzo o di san Giuseppe: viene approvata e indulgenziata da Pio IX e Pio XI.
    • Oltre a quanto sopra, ricordiamo altre pratiche, tra cui oggi sono ancora diffuse: il Sacro Manto, i mercoledì di san Giuseppe, il Rosario a san Giuseppe.
  • Musica Sacra:
    • Segnaliamo soprattutto gli inni della liturgia: Te Ioseph celebrent, Caelitum Ioseph, Sancti Ioseph Sponsi Beatae Mariae Virginis, Iste quem laeti, Aurora Solis Nuntia, Salve Pater Salvatoris.
    • Canti per la liturgia: Ave Giuseppe (Debora Vezzani), A San Giuseppe (adatto ai bambini):

cf. www.suore-san-giuseppe-fed.it/index.php?option=com_content&view=article&id=326&itemid=207

  • Edifici Sacri:
    • A Nazareth sorge la chiesa della Nutrizione o di san Giuseppe, costruita nel 1911 sui resti di una chiesa antica, che può risalire al V o VI secolo.
    • A Betlemme c’è una piccola chiesa chiamata Casa di san Giuseppe, che ricorda una precedente chiesa di epoca post-crociata.
    • In Italia ricordiamo:
      • La Santa Casa di Loreto.
      • A Bologna, una chiesa costruita dai benedettini nel 1129.
      • A Roma ci sono molte chiese dedicate a san Giuseppe, tra cui ricordiamo San Giuseppe dei Falegnami al Foro Romano, costruita nel 1540, poi sostituita dall’attuale nel 1598.
    • Tra i Santuari, nella nostra regione, ricordiamo quelli che si trovano a PROCIDA e SAN GIUSEPPE VESUVIANO.
  • Tradizioni popolari:
    • Nel periodo natalizio, in alcuni paesi, si è diffusa l’usanza di rappresentare Maria e Giuseppe alla ricerca di un alloggio, a ricordo di quanto accadde a Betlemme: vengono impersonati da due personaggi che bussano a tutte le porte (cf. San Vincenzo Ferreri [1350-1419]).
    • L’usanza di cucinare alimenti particolari, come le zeppole a Napoli (a Roma chiamate “frittelle”). In alcuni Paesi si organizza una tavolata a cui si invitano i personaggi della sacra Famiglia.
    • San Giuseppe, oltre ad essere patrono della Chiesa universale, viene invocato in modo particolare come patrono per molte categorie: infanzia, orfani ed educatori; coloro che aspirano alla perfezione; i Vergini; la Gioventù; le Vocazioni sacerdotali; gli Sposi; le Famiglie cristiane; i Poveri; i bisognosi di alloggio; i profughi; gli emigranti; gli esiliati; gli operai, i falegnami e gli artigiani; gli agonizzanti e i moribondi (ancora oggi i copti monofisiti celebrano il 2 agosto la commemorazione del Transito di san Giuseppe).
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INFO SULLA PARROCCHIA

La chiesa si trova nella periferia orientale di Napoli, nel quartiere denominato San Giovanni a Teduccio; una zona di Napoli che, pur non essendo molto vasta (2.35 km²), sino al 1926 era comune autonomo, sorto sulla antica Via delle Calabrie.