MISSIONE E NUOVA EVANGELIZZAZIONE

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INTRODUZIONE

I nuovi orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia.

Nel mese di giugno del 2014 la Chiesa italiana ha consegnato ai pastori e ai fedeli il testo dei nuovi Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia. Dopo un decennio di sperimentazioni diocesane[1] e durante il cammino decennale iniziato con gli orientamenti della CEI “Educare alla vita buona del Vangelo”, da più parti si è avvertita la necessità di un testo che potesse sostenere la riflessione e la progettazione della pastorale catechistica in Italia: in questo contesto è stato formulato il documento Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, redatto dalla Commissione Episcopale per la dottrina della fede l’annuncio e la catechesi e sancito dal voto della 66a Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana (Roma, 19-22 maggio 2014).

Un “nuovo contesto” nel quale si inseriscono gli Orientamenti

Leggendo le prime righe degli orientamenti scopriamo che essi nascono dopo un’attenta lettura del mutato contesto socio-culturale nel quale bisogna annunciare e fare catechesi: «L’attuale contesto socio-culturale pone diversi interrogativi: la secolarizzazione avanzata; il pluralismo culturale, etnico e religioso; una mutata percezione dell’impegno sociale e civile dei cattolici; l’esigenza di testimoniare armonia tra fede e ragione, tra conoscenza e ricerca di Dio e infine l’esigenza di annunciare la conversione al Vangelo, la liberazione dal peccato, dall’ingiustizia e dalla povertà[1]. Soprattutto va accolta la sfida delle “culture urbane”[2] che vede un significativo mutamento – amplificato dai mezzi di comunicazione – degli stili di vita rispetto alla “cultura rurale” nella quale numerose strutture pastorali si erano plasmate. Molti cristiani vivono tale condizione con responsabilità e lavorano per dare un senso all’esistenza, confrontandosi con la ricerca di verità e rimanendo aperti e disponibili alla domanda sulla presenza di Dio nella loro vita» (IG, 2).

 

La necessità di una “conversione pastorale” in senso missionario

Eppure, il mutato contesto socio-culturale non è l’unico motivo per cui la Chiesa in Italia ha pensato di scrivere gli orientamenti: «Accanto ai cambiamenti dobbiamo registrare anche difficoltà e ritardi nell’impegno ecclesiale: la “conversione pastorale” in senso missionario, posta in agenda ormai da lungo tempo[3], ancora attende di maturare nel tessuto di molte comunità. Spesso si fatica a rintracciare la fisionomia di una comunità domenicale che diventi una reale comunità di discepoli che si lasciano evangelizzare e che quindi sanno testimoniare la gioia e la bellezza della loro fede. L’orizzonte ecclesiale vede sempre più spesso le comunità parrocchiali chiamate a collaborare in “comunità pastorali” più ampie. A volte non sono chiari i passi concreti da compiere perché le comunità cristiane sappiano farsi carico di tutti i battezzati – valorizzando le opportunità già esistenti e immaginandone di nuove – e intrecciare un dialogo fecondo con tutti. Desta, inoltre, preoccupazione una diffusa fragilità della fede, sia per quanto riguarda la conoscenza dei suoi contenuti essenziali, sia per quanto riguarda l’integrazione tra fede e vita: obiettivi questi indissociabili dell’annuncio e della catechesi. Si avverte, infine, la necessità di una riflessione circa il rinnovato impegno dei laici – uomini e donne – in senso missionario» (IG, 2).

 

La voce di papa Francesco

Su tutto questo, ad incoraggiare il lavoro che si vuole iniziare con questi orientamenti, c’è la voce del santo Padre, il quale auspica cambiamenti di prospettiva significativi in vista di una nuova evangelizzazione: «Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una “semplice amministrazione”. Costituiamoci in tutte le regioni della terra in uno “stato permanente di missione”. (…) Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione»[4].

 

COSA SIGNIFICA “EVANGELIZZARE

 

Che cos’è l’evangelizzazione.

L’evangelizzazione è un processo che ha come scopo quello di aprire il cuore, la mente, la vita a Cristo, convinti per fede che Gesù è il vangelo, la buona notizia che l’umanità attende, perché è capace di liberare dal peccato, dal male e dalla morte chiunque, e di introdurre nel mistero della comunione trinitaria. Senza questa fede l’evangelizzazione risulta inefficace e fallimentare in partenza.

Secondo l’esortazione apostolica di Paolo VI, EvangeliiNuntiandi (abbr. EN), scritta nel 1975 (ma ancora molto attuale), “evangelizzare” significa «portare la buona novella in tutti gli strati dell’umanità e col suo influsso trasformare dal di dentro, rendere nuova, l’umanità stessa» (n. 18); lo scopo dell’evangelizzazione è quindi il cambiamento interiore della persona e della società.

Anche i nuovi orientamenti sembrano presupporre questa prospettiva, quando leggiamo: «Ciascuna persona è abitata dal desiderio di pienezza e il suo cuore è capace di aprirsi quando sente parole forti e vere sulla sua vita e incontra autentici testimoni di carità. Il Vangelo ha la forza di aprire i cuori e le menti, di interpellare la libertà e la responsabilità, di mettere in cammino. Il Signore ci chiama a valutare questo tempo per reinterpretare e purificare alla luce della sua presenza le domande e i desideri delle persone. Come ci ricorda il Papa: “È imperioso il bisogno di evangelizzare le culture per inculturare il Vangelo”[1]» (IG, 8).

 

L’evangelizzazione come orizzonte e processo.

Secondo la nota sul primo annuncio della CEI:«L’evangelizzazione è la proclamazione, da parte della Chiesa, del messaggio della salvezza con la parola di Dio, con la celebrazione liturgica, con la testimonianza della vita»[2]. Si tratta di un concetto complesso che presenta due sfumature: l’evangelizzazione in quanto orizzonte dell’azione della Chiesa e l’evangelizzazione in quanto processo.

In quanto orizzonte, essa è, in sintesi, il dinamismo missionario dell’agire ecclesiale, quel necessario «uscire - fare esodo» che porta la Chiesa a incontrare il volto di ogni uomo[3]: non una comunità in ansia per il numero dei partecipanti, ma una comunità impegnata a suscitare vite cristiane, uomini e donne capaci di assumere la fede come unico orizzonte di senso.

In quanto processo «si può definire l’evangelizzazione in termini di annuncio del Cristo a coloro che lo ignorano, di predicazione, di catechesi, di Battesimo e di altri Sacramenti da conferire»[4].

Tre, in particolare, sono i momenti fondamentali di tale dinamismo: il dialogo, l’annuncio e la catechesi. È compito dell’evangelizzazione favorire in ogni persona l’incontro con Cristo, lasciando che il Vangelo impregni la propria vita, nei suoi passaggi e nelle sue sfide, nelle proprie relazioni ed esperienze.

  • Il dialogo leale, l’ascolto el’accoglienza ospitale con quanti hanno una fede diversa o non hanno alcuna fede – oppure desiderano riscoprire e rinnovare l’adesione al messaggio cristiano – si collocano già pienamente nel quadro dell’annuncio, ed anzi ne costituiscono la necessaria premessa: «Un dialogo è molto di più che la comunicazione di una verità. Si realizza per il piacere di parlare e per il bene concreto che si comunica tra coloro che si vogliono bene per mezzo delle parole. È un bene che non consiste in cose, ma nelle stesse persone che scambievolmente si donano nel dialogo»[5].
  • Il primo annuncio ha per oggetto Gesù Cristo incarnato, per noi crocifisso, morto e risorto, in cui si compie la piena e autentica liberazione dal male, dal peccato e dalla morte; ha per obiettivo la chiamata a conversione con la proposta dell’incontro con Gesù stesso. Quanto alle modalità, deve essere proposto con la testimonianza della vita, con la parola e la valorizzazione di tutti i canali espressivi adeguati, nel contesto della cultura dei popoli e della vita delle persone[6]. Tale azione ecclesiale è originaria e fondativa di tutto il cammino, e comporta un legame molto forte con la Sacra Scrittura, visto che «la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo» (Rm 10,17). L’opera di annuncio precede quindi anche l’azione liturgica e la vita di carità, in quanto celebrazione e testimonianza esprimono pienamente la loro forma attraverso la fede, frutto di adesione e di conversione a Cristo e al suo Vangelo.
  • La catechesi: all’interno del processo di evangelizzazione la catechesi è un «momento essenziale»[7]. Il Direttorio Generale dedica tutto il II capitolo[8] a collocare la catechesi nell’ambito dell’evangelizzazione: al primo annuncio,che ha la funzione di proclamare il Vangelo e di chiamare a conversione, segue la catechesi che fa maturare la conversione iniziale in ordine a una vita cristiana adulta. In particolare, va sottolineato come l’incontro con Cristo sia sorgente, itinerario e traguardo di catechesi e, più ancora, di ogni prassi pastorale. Se non si è incontrato Cristo e il suo amore, come si può sentire il desiderio di un’intelligenza della vita secondo il suo Vangelo?

 

La nuova Evangelizzazione.

Secondo il Dizionario dell’Evangelizzazione: «la frase “nuova evangelizzazione” fu adoperata da Giovanni Paolo II a Port au Prince, Haiti, il 9 marzo 1983, in occasione dell’inizio della novena per celebrare il quinto centenario dell’evangelizzazione dell’America Latina. La frase, in sé stessa, può avere un significato generale, ma di fatto è un invito a trovare e suscitare nuovi metodi, nuove espressioni e nuovo fervore di apostoli». Infatti, per ribadire questo concetto durante le sue visite in America Latina il papa era solito ripetere la trilogia “nuova nel suo ardore, nuova nei suoi metodi, nuova nella sua espressione”.

Se si distinguono tre situazioni dell’evangelizzazione (pastorale ordinaria, nuova evangelizzazione ed evangelizzazione ad gentes – cf. Redemptoris Missio n.33), la nuova evangelizzazione si può definire anche «l’insieme dei mezzi, delle azioni e degli atteggiamenti adatti a collocare il Vangelo in dialogo attivo con la modernità e la postmodernità» (documento di Santo Domingo, n.24) e per questo tende soprattutto al rinnovamento della comunità cristiana (soprattutto di antica cristianità) per renderla responsabile dell’evangelizzazione “ad intra” e “ad gentes”.

Anche papa Francesco ha parlato di nuova evangelizzazione, dando una sua definizione molto interessante: «La nuova evangelizzazione è un movimento rinnovato verso chi ha smarrito la fede e il senso profondo della vita. Questo dinamismo fa parte della grande missione di Cristo di portare la vita nel mondo, l’amore del Padre all’umanità. Il Figlio di Dio è “uscito” dalla sua condizione divina ed è venuto incontro a noi. La Chiesa è all’interno di questo movimento, ogni cristiano è chiamato ad andare incontro agli altri, a dialogare con quelli che non la pensano come noi, con quelli che hanno un’altra fede, o che non hanno fede. Incontrare tutti, perché tutti abbiamo in comune l’essere creati a immagine e somiglianza di Dio. Possiamo andare incontro a tutti, senza paura e senza rinunciare alla nostra appartenenza.Nessuno è escluso dalla speranza della vita, dall’amore di Dio»[9].

La Chiesa in Italia ha maturato questa intuizione già da molti anni, almeno dall’avvio della progettazione pastorale sul tema dell’evangelizzazione, e recepisce le istanze del lavoro già svolto nella definizione che offre nei nuovi orientamenti: «La nuova evangelizzazione risuona come possibilità per la Chiesa di abitare il clima culturale odierno in modo propositivo: siamo invitati a riconoscere il bene presente nei nuovi scenari e a individuare i luoghi a partire dai quali dare rinnovata vitalità al nostro impegno missionario ed evangelizzatore. Non si tratta di immaginare un ulteriore modello di azione pastorale, che si sostituisce per successione lineare ad altri paradigmi o azioni ecclesiali, quanto piuttosto di abbracciare un orizzonte di rinnovamento e integrazione». (IG, 10)

In concreto, si richiede lo sviluppo di tre attitudini fondamentali:

  • la capacità di discernere, ovvero l'attitudine di porsi, come singoli e come comunità, dentro il presente, convinti che anche in questo tempo è possibile annunciare il Vangelo e vivere la fede cristiana;
  • la capacità di vivere forme di conversione della pastorale e di adesione reale e genuina alla fede cristiana, che testimoniano la forza trasformatrice di Dio nella nostra storia;
  • un chiaro ed esplicito legame con la Chiesa, in grado di renderne visibile il carattere apostolico e missionario.

 

COSA SIGNIFICA “CHIESA IN STATO DI MISSIONE”?

 

Ora leggiamo alcuni testi del magistero per comprendere cosa si intende per “Chiesa in missione”.

 

  1. La Chiesa di Napoli «in stato di missione» (pp. 13-14 del Piano Pastorale Diocesano del 2008)

«Anticipando di molti anni gli orientamenti dei Vescovi italiani, il XXX Sinodo di Napoli è stato un evento profetico. Così recita il suo Documento conclusivo: «La Chiesa di Napoli prende, nel Sinodo, maggiore consapevolezza di essere il sacramento della salvezza posto da Dio in questo territorio. Essa, perciò, vuole essere profezia, facendosi presente in maniera credibile in mezzo agli uomini, per manifestare, con l’esempio della vita dei suoi membri, con la testimonianza della Parola, con la povertà delle sue strutture e con la dedizione delle sue istituzioni, la continuità e l’attualità del messaggio di Gesù Cristo, così come Gesù stesso lo proclamò a Nazareth. Perciò, sentendosi in stato di missione, la nostra Chiesa vuole affermare l’assoluta priorità dell’evangelizzazione, impegnandosi anche a rivoluzionare la prassi pastorale, adeguando obiettivi, metodi e strumenti alla concreta condizione spirituale dei figli di Dio che vivono nel territorio della Chiesa di Napoli, privilegiando quelli che Gesù stesso privilegiò, denunciando le situazioni di falsità e ingiustizia, al fine di rendere credibile l’annuncio che “Il Regno di Dio è vicino”, ed accettabile l’invito: “convertitevi e credete al Vangelo”» (141). È necessario, pertanto, prendere atto che è finito il tempo di una pastorale attuata secondo modalità prestabilite, perché una Chiesa, realmente consapevole di essere in stato di missione, deve avere il coraggio di intraprendere nuove vie, capaci di provocare il dialogo con tutti gli uomini che vivono nel nostro territorio. I tempi cambiano, mutano le condizioni e i linguaggi, e cambiano le attese di quanti, anche senza voce, chiedono di parlare con noi. Dal lavoro compiuto in questi due anni è emerso che la nostra Chiesa, da un lato, deve prendere sempre più coscienza di essere soggetto dell’azione pastorale; dall’altro, avverte il bisogno di rivedere le modalità del comunicare la fede e aggiornare l’esercizio delle diverse ministerialità sia al proprio interno, sia verso l’esterno. È necessario, cioè, costruire una Chiesa locale che, testimonianza visibile della comunione, parta dalla Scrittura per incarnare la Parola. È quanto ci invita a fare anche il prossimo Sinodo dei Vescovi, al quale parteciperò nel prossimo ottobre».

 

  1. Lettera Apostolica in forma di «motu proprio»Ubicumque et Semper (Benedetto XVI 2010) con la quale si costituisce il Pontificio Consiglio per la promozione della nuova Evangelizzazione.

«Già il Concilio Ecumenico Vaticano II assunse tra le tematiche centrali la questione della relazione tra la Chiesa e questo mondo contemporaneo. Sulla scia dell'insegnamento conciliare, i miei Predecessori hanno poi ulteriormente riflettuto sulla necessità di trovare adeguate forme per consentire ai nostri contemporanei di udire ancora la Parola viva ed eterna del Signore.

Con lungimiranza il Servo di Dio Paolo VI osservava che l'impegno dell'evangelizzazione "si dimostra ugualmente sempre più necessario, a causa delle situazioni di scristianizzazione frequenti ai nostri giorni, per moltitudini di persone che hanno ricevuto il battesimo ma vivono completamente al di fuori della vita cristiana, per gente semplice che ha una certa fede ma ne conosce male i fondamenti, per intellettuali che sentono il bisogno di conoscere Gesù Cristo in una luce diversa dall'insegnamento ricevuto nella loro infanzia, e per molti altri” (Esort. ap. Evangeliinuntiandi, n. 52). E, con il pensiero rivolto ai lontani dalla fede, aggiungeva che l'azione evangelizzatrice della Chiesa "deve cercare costantemente i mezzi e il linguaggio adeguati per proporre o riproporre loro la rivelazione di Dio e la fede in Gesù Cristo” (Ibid., n. 56). Il Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II fece di questo impegnativo compito uno dei cardini del suo vasto Magistero, sintetizzando nel concetto di "nuova evangelizzazione", che egli approfondì sistematicamente in numerosi interventi, il compito che attende la Chiesa oggi, in particolare nelle regioni di antica cristianizzazione. Un compito che, se riguarda direttamente il suo modo di relazionarsi verso l'esterno, presuppone però, prima di tutto, un costante rinnovamento al suo interno, un continuo passare, per così dire, da evangelizzata ad evangelizzatrice».

 

  1. Evangelii gaudium (2013)

«25. Non ignoro che oggi i documenti non destano lo stesso interesse che in altre epoche, e sono rapidamente dimenticati. Ciononostante, sottolineo che ciò che intendo qui esprimere ha un significato programmatico e dalle conseguenze importanti. Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una «semplice amministrazione».[21]Costituiamoci in tutte le regioni della terra in un «stato permanente di missione».[22]

27. Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia. Come diceva Giovanni Paolo II ai Vescovi dell’Oceania, «ogni rinnovamento nella Chiesa deve avere la missione come suo scopo per non cadere preda di una specie d’introversione ecclesiale».[25]

49. Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. Ripeto qui per tutta la Chiesa ciò che molte volte ho detto ai sacerdoti e laici di Buenos Aires: preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: «Voi stessi date loro da mangiare» (Mc 6,37)».

 


[1]Evangelii gaudium, n. 69.

[2]Commissione episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi, Questa è la nostra fede, Nota sul primo annuncio del Vangelo, 15 maggio 2005, n. 6.

[3]Cf. Francesco, Discorso ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, 14 ottobre 2013.

[4]Evangeliinuntiandi, n. 17.

[5]Evangelii gaudium, n. 142.

[6]Cf. Giovanni Paolo II, Lettera enciclicaRedemptorismissio, 7 dicembre 1990, n. 44.

[7]Direttorio Generale per la Catechesi,nn. 63-64.

[8]Cf. ib., nn. 60-72.

[9]Francesco, Discorso ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, Roma 14 ottobre 2013.

 

[1] Le analisi a questo riguardo sono numerose anche nei documenti dell’Episcopato italiano: Conferenza Episcopale Italiana, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, 4 ottobre 2010, nn. 7-11; Commissione episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi, Annuncio e catechesi per la vita cristiana, Lettera pubblicata nel 40° del Documento di Base, 4 aprile 2010, nn. 7-9.

[2]Cf. Evangelii gaudium, nn. 71-75.

[3]Cf. Conferenza Episcopale Italiana, Con il dono della carità dentro la storia. La Chiesa in Italia dopo il Convegno di Palermo, Nota pastorale, 26 maggio 1996, n. 23; Conferenza Episcopale Italiana, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Orientamenti pastorali dell'Episcopato italiano per il primo decennio del 2000, 29 giugno 2001, n. 4.

[4]cf. Evangelii gaudium,nn. 25; 27.

 

[1] Va ricordato come tali sperimentazioni furono richieste – all’interno di precise consegne – nella 51a Assemblea Generale della CEI: cf. ConferenzaEpiscopaleItaliana, Comunicato finale della 51a Assemblea Generale, 23 maggio 2003.

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INFO SULLA PARROCCHIA

La chiesa si trova nella periferia orientale di Napoli, nel quartiere denominato San Giovanni a Teduccio; una zona di Napoli che, pur non essendo molto vasta (2.35 km²), sino al 1926 era comune autonomo, sorto sulla antica Via delle Calabrie.