In occasione del Natale, come ogni anno dal 2016, c’è stato il 28 Dicembre il pranzo per i nostri fratelli più poveri e in particolar modo per i senza fissa dimora. Volendo notizie in più a riguardo, abbiamo fatto qualche domanda ad un fratello di questa comunità parrocchiale, nonché primo promotore di questo evento, Franco Carcatella.
Franco cos’è in realtà questo pranzo?
Non è un semplice pranzo, ma un grande evento, una grande festa per la quale si mobilitano in molti. Siamo circa 70 operatori e ognuno si occupa di qualcosa, c’ è chi cucina, chi si occupa del servizio e chi invece siede a tavola con i nostri amici, cosi che possano sentirsi davvero a casa.
La chiesa per un giorno diventa una grande sala da pranzo, tutto è addobbato in maniera decorosa, c’è musica, animazione e durante la giornata arrivano i re Magi con dei doni per tutti i presenti.
Cosa dicono gli invitati di questo evento?
Ogni ospite viene invitato personalmente durante le settimane precedenti, conosciamo tutti e con ognuno di lo si è creato un rapporto di amicizia e fratellanza, quando vengono qui si sentono accolti come in una grande famiglia, è un momento di condivisione e di gioia. Quando la giornata finisce ci chiedono di ripetere subito un altro pranzo, infatti cerchiamo di organizzarne circa tre all’anno, non solo perché ce lo richiedono ma soprattutto per avere l’opportunità di arricchirci della loro presenza.
Da cosa è nata l’idea di incontrare i senza fissa dimora e che valore ha nella vita dei volontari questa esperienza?
Per un qualche tempo, insieme al gruppo giovani della parrocchia, abbiamo dato una mano ad una parrocchia del IX decanato che da anni si occupa dei senza fissa dimora, per la distribuzione dei pasti, essendo scoperto il territorio, per un certo tempo, decidemmo di lanciarci in questa impresa ed iniziare ad uscire autonomamente. Da questa sensibilità verso i poveri e con l’aiuto del parroco il 5 febbraio 2017 inizia ufficialmente questa avventura. Nella prima riunione organizzativa già 70 persone si resero disponibili per preparare i pasti e distribuirli. Fino ad oggi sono stati distribuiti 20.000 pasti su tutto il territorio, per una media di 180 pasti a settimana. In questi anni abbiamo incontrato tante persone bisognose e in qualche caso siamo riusciti a dare di più di un pasto, come nel caso di una coppia che da anni viveva per strada in condizioni non solo di povertà ma anche di precarietà di salute. È stato un percorso lungo e difficile ma siamo riusciti prima di tutto a dargli nuovamente le carte di identità, una protezione civile, poiché avevano dei reati pregressi, quindi una copertura sanitaria e con il tempo anche una pensione sociale e l’invalidità civile con la quale possono ora permettersi di risiedere in una struttura accogliente. Durante questo percorso di recupero alcuni di noi gli sono stati fisicamente e moralmente molto vicini perché hanno affrontato anche problemi di salute, ad esempio Giovanni ha avuto un’intervento all’anca e messo una protesi al ginocchio, per cui ha avuto necessariamente bisogno di un’assistenza costante . Ci siamo accorti di quanto il sistema burocratico possa rendere arduo il recupero di persone che si trovano in questo stato di necessità ma con l’aiuto di tanti si può molto.
Donare il proprio tempo per uscire e incontrare questi fratelli non è solo una questione di numeri, né un gesto di solidarietà, di filantropia o generosità ma significa vedere nel povero il volto di Gesù e quindi amarlo senza lasciarsi influenzare dalle condizioni in cui vive. La realtà della strada è spesso difficile e amara e può capitare di trovarsi dinanzi a fratelli arrabbiati, alterati dall’uso di sostanze alcoliche o che per vari motivi, nel momento in cui siamo lì a tendergli una mano, hanno voglia di litigare, è proprio in quel momento che bisogna guardare oltre il velo della nostra umanità e scorgere il volto Gesù. Per molti volontari la domenica sera, giorno in cui usciamo per portare i pasti caldi, non è altro che il tempo di lasciare tutto e andare incontro a Cristo che si sì fa uomo e si rivela “nell’altro” e ogni volta ci accorgiamo che in realtà chi riceve di più siamo noi.
La speranza è che sempre più persone possano sentire il desiderio di contribuire a questa iniziativa e avere così la possibilità di sentirsi prossimi a Gesù che si incarna nelle miserie e nelle debolezze dell’umanità.